Il sociologo dei New Media Giovanni Boccia Artieri, direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università degli studi di Urbino, ha aperto l’edizione 2020 di Richmond E-commerce Forum a Rimini.
Argomento dello conferenza: lo spostamento delle conversazioni personali da spazi pubblici a spazi privati.
L’espressione ‘Dark Social’ è stata coniata da un giornalista della testata digitale The Atlantic, che ha scoperto che le condivisioni dei link del suo giornale sono pubbliche solo per il 16%, il restante 84% viaggia su app di messaggistica come Whatsapp, Messenger ecc.
Da allora si è cominciato a capire che le Big conversations sulle grandi piattaforme di internet stanno migrando verso le Small Conversations: flussi di condivisione fra gruppi molto più ristretti, come gli amici, la famiglia, o le micro-tribù accomunate da passioni e interessi.
Il grande caos indistinto e affollatissimo ‘suk delle conversazioni’ che è diventato internet sta lasciando il posto a questa nuova realtà: luoghi che generano consumo ma non solo, tribù che consumano ma non tribù di consumatori.
Oggi sappiamo che il vero valore di un brand è la sua capacità di creare legami sociali: il legame conta più del bene.
Artieri ha citato l’esempio della comunità dei proprietari di Harley Davison, che si cambiano podcast con la registrazione dei rumori dei vari modelli.
È vero che le conversazioni private sono meno tracciabili, ma è altrettanto vero – e questo apre opportunità straordinarie per i brand – che al loro interno in modo del tutto naturale sviluppano più affinity.
Uno dei drive di questo fenomeno è la preoccupazione per la privacy.
In particolare la generazione Z, quelli nati dopo il 2000, sembrano sentirsi a disagio a condividere immagini che restano nel tempo e di conseguenza li definiscono.
L’82% di loro dice di essere molto cauto su ciò che condivide in pubblico. Sono forti utilizzatori di smartphone per messaggistica istantanea (200 minuti ogni settimana) e per loro natura sono esseri in divenire e preferiscono condividere esperienze e attimi di vita attraverso stories che non durano più di 24 ore.
Artieri ha poi raccontato casi di azienda che hanno saputo cogliere queste opportunità come ad esempio Starbucks con i suoi gruppi di ascolto per imparare dai consumatori tramite Whatsup, o Toyota Spagna che ha lanciato vere e proprie campagne interattive, o Netflix che usa il canale di messaggistica per la diffusione e condivisione dei trailer.
Il Dark Social segna l’ingresso di Internet nell’età adulta e invera i primi tre punti del Cluetrain Manifesto del 1989.
1. Il mercato sono conversazioni.
2. I mercati sono fatti di essere umani, non di segmenti demografici.
3. Le conversazioni fra esseri umani sono umane e si svolgono con voce umana.
Giovanni Boccia Artieri ha infine fornito 4 consigli ai brand su come affrontare il Dark Social.
1.
Creare url abbreviate e facili da ricordare, anche senza copia e incolla.
2.
Creare pulsanti di condivisione.
3.
Utilizzare tool di monitoraggio per il dark social.
4.
Creare contenuti pertinenti.
In generale, l’idea è “meno seduzione, più concretezza” e soprattutto più spinta all’azione, più indicazioni di cosa fare. Dare è più importante che dire.